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Sono appena uscito dal mitico multisala di Cerro Maggiore, non ci andavo da prima dell’estate, e come sempre questo luogo a me e ai miei amici regala sempre grandi emozioni: dal sapore molto provinciale, appena si varca la soglia si sente quell’odore nauseante di popcorn con teenager petulanti vestite Bershka e Accessorize total outfits.
Tutto questo per introdurre il film che abbiamo visto, ovvero l’atteso BLING RING di Sofia Coppola. E come non parlarne in questo spazio chiamato Milano Hills?
Dall’atmosfera assolutamente teen-pop, questo film varca il trend di tutte quelle “good girls gone bad” alla Miley Cyrus che da Hannah Montana sono finite a leccare martelli e strusciarsci a novanta sui pacchi generosi di uomini navigati in mondovisione.
La trama è davvero semplice: cinque ragazze e un ragazzo che frequentano una scuola superiore di Los Angeles, annoiati dalla vita e dai pochi stimoli della loro adolescenza, decidono di “diventare qualcuno” svaligiando le case di attori e starlette sulle colline hollywoodiane, spesso con i proprietari fuori casa e quindi incustodite.
Dopo qualche incursione senza alcun problema (sembra che Paris Hilton abbia la pessima abitudine di lasciare le chiavi di casa sotto lo zerbino), ovviamente i ragazzi vengono ripresi dalle telecamere di sorveglianza, e iniziano così le indagini, che li porteranno, ognuno a suo modo, ad affrontare il problema con i propri genitori e a rincontrarsi dopo tempo nell’aula del tribunale, come se non si fossero mai frequentati davvero, nè fossero mai stati amici.
Tratto dall’articolo di Nancy Jo Sales pubblicato su Vanity Fair e intitolato “I sospetti indossavano Laboutin”, Bling Ring ha una sceneggiatura minimale, come la maggior parte dei lavori dell’erede di Francis Ford Coppola.
Un film dalla colonna sonora a mio avviso stupenda, un acid-hiphop dal sapore high school californiano. Anche la fotografia non male, ma il ritmo, quello a tratti deludente: troppe scene dei protagonisti che rubano nelle case, senza trattare magari altre dinamiche psicologiche che si sono venute a creare fra i vari personaggi.
Il film ha aperto il Festival di Cannes e gli attori li ho trovati adatti alla pellicola: in particolare Emma Watson sempre bellissima e credibile nel ruolo di Nicki Moore, e il vero protagonista del film, Israel Broussard nel ruolo di Marc Hall, ragazzo gay ed emarginato che si aggrappa a questo gruppo di ragazze per riempire il suo vuoto e sentirsi qualcuno nel mondo.
Insomma, per essere Sofia Coppola non un film particolamente impegnativo, che gioca molto sull’immagine e su questo trend mondiale del mood californiano.
Ad ogni modo, a mio avviso un affresco inquietante della società moderna in salsa pop, ambientato sulle colline maledette più famose del mondo.